lunedì 10 febbraio 2020

Il soccombente (Thomas Bernhard) recSebAdd

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Salotto in Biblioteca del 28/11/2019
«Il soccombente» di Thomas Bernhard

Commento di Sebastiano Addabbo

La formula ridotta del monologo interiore del narratore sembra introdurci ad una lettura di veloce respiro tipica del récit in realtà le articolate sintassi dei periodi , l’utilizzo del discorso indiretto libero conclusi con epistrofi utilizzati come artifizi narrativi per dar voce agli altri personaggi (turn ancillaries) , immergono il lettore in una asfissiante quanto intensa narrazione nella quale si delineano , con diversi gradi di approfondimento i personaggi del romanzo: il narratore stesso, Wertheimer e la sorella , Franz, la locandiera e Glenn Gould.
L’Io monologante, uno dei tre virtuosi del pianoforte insieme a Wertheimer e Glenn Gould, ci costringe alla lettura di ossessivi quanto mordaci nuclei tematici di flussi di coscienza tutti intesi alla ricerca di una personale salvezza dall’abisso disperante derivato dalla constatata inadeguatezza artistica rispetto alla genialità dell’amico Gould .Inadeguatezza che si concluderà con tormentato ma risolutivo abbandono dell’attività artistica.
E’ Wertheimer invece il simbolo del drammatico annichilimento ,del totale annientamento del proprio essere fino all’estremo gesto, conseguenza della inferiorità oggettiva del proprio talento rispetto a quello geniale di Gould. Non gli resta che l’ irreversibile soluzione finale rispetto alla quale l’Autore sembra voler utilizzare categorie filosofiche dell’Esistenzialismo Heideggeriano, rese esplicite dalle stesse parole di Wertheimer quando -riferendosi anche alla sorella- non perdona “…al padre di averci fatti e alla madre di averci gettati nel mondo…” : qui il riferimento alla locuzione di Heidegger “essere-gettato” è del tutto esplicito con la drammatica conseguenza ,per dirlo ancora con le stesse parole del filosofo tedesco ,di non essere stato “pastore del proprio essere”.
Ed ecco delinearsi la figura del genio Glenn Gould ; responsabile inconsapevole del destino dei due colleghi con i quali ha condiviso le Lezioni di musica di un grande Maestro a Salisburgo. Salisburgo città triste e piovigginosa dove tutto ha inizio: una fievole amicizia , una impossibile competizione artistica, e l’ inesorabile marchio di “soccombente” che lo stesso Glenn attribuirà a Wertheimeir con sprezzante sarcasmo, talvolta, proprio dei geni.
Infine la “normalità”, la vita che ci assomiglia di più.
La desolata locandiera, amante fugace e triste consolatrice di un Wertheimer, del quale non comprenderà mai come avesse potuto coniugare la infelicità con la ricchezza.
La sorella di Wertheimer e la sua fuga verso la “normalità”: il matrimonio con il ricco industriale svizzero, dopo anni di sottomissione maniacale al fratello. Fuga che viene vissuta da Wertheimer come abbandono e ultimo tradimento della famiglia già odiata.
Infine Franz boscaiolo al servizio di Wertheimer e addetto alle faccende domestiche della casa umile testimone e cronista degli ultimi convulsi giorni di vita del suo padrone.
Questi ultimi tre personaggi c’inducono ad una conclusione non adombrata dall’autore ma sperata dal lettore e cioè della inevitabile accettazione della nostra esistenza alla semplicità , essenzialità, ed unicità confortati dalla consolazione che tale accettazione , anche se talvolta disperante , accomuna la quasi totalità del genere umano.