martedì 4 febbraio 2020

Ci rivediamo lassù (Pierre Lemaitre) recLauAlb




Salotto in Biblioteca del 31/01/2020
«Ci rivediamo lassù» di Pierre Lemaitre

Commento di Laura Albino


Trattasi di una narrazione che reca in forma molto dettagliata tutti gli elementi per la produzione di una sceneggiatura cinematografica, è una trama che si colloca in un definito periodo storico: quello della grande guerra del 14/18, in essa tutto viene raccontato in forma molto chiara e dettagliata, a cominciare dai soggetti principali, dagli ambienti, dai luoghi, dalla descrizione di ogni personaggio e delle azioni che si vanno svolgendo, non mancano gli intrecci ben articolati che consentono una lettura fluida e chiara. Il romanzo coinvolge il lettore in prima persona, fin dalle primissime pagine, esso viene catapultato in un campo di battaglia dove, da quel momento, con i propri occhi, assisterà ad azioni di guerra per poi seguire passo dopo passo due soldati francesi Albert ed Edouard che dopo l'armistizio devono affrontare mille altre vicissitudini, con le loro ansie, i loro dolori fino ad arrivare al grande finale che vede quei due cervelli cimentarsi come macchine sempre in un moto per produrre idee vendicative. Per il continuo evolversi delle vicende molto crude ed estenuanti, il lettore viene indotto a riflettere innanzitutto intorno alla tragicità della guerra, viene sollecitato a guardare l'orrore da vicino, a riconoscere i mostri di quel tempo che hanno disseminato la morte su milioni e milioni di giovani. Quel grande male, il potere, di cui si sono impossessati i potenti della terra e che di esso, ne hanno fatto un mezzo per produrre solo distruzione; una guerra contro il nemico, che ha visto la somministrazione di dosi massicce di ogni forma bellica, atti perversi che hanno procurato tanto male in tutta la loro legittimità: menti che hanno agito secondo i loro interessi, il loro pensare, sostenendo di averlo fatto a fin di bene, ma in realtà, hanno saputo fare il male a fin di male. Quei padroni della società, quei capi di Stato corrotti che hanno coinvolto nelle loro scelte belliche la vita di giovani uomini, si sono fatti arbitrariamente padroni degli esseri umani, hanno mandato all'inferno senza loro chiedere se fossero d'accordo, milioni di uomini, hanno istituito un universo di morte e, anche coloro che sono riusciti a sopravvivere fisicamente si sono trasformati in anime morte vaganti, fragili nel corpo, nella mente e nello spirito tanto da non riuscire più a riconoscere come Padre quel Dio che aveva dato loro la vita, grandi meriti a quei fanatici ideatori che hanno saputo fondare campi di battaglia per ospitare i predestinati ad una morte sicura escludendo loro ogni possibilità di arrivare al tempo della morte così come il Creatore o madre natura avevano disegnato per loro. Tutta la narrazione ci invita a riflettere su che cosa ci resta di tutti quei morti che hanno combattuto per la difesa della propria Patria, per la propria identità nazionale. La guerra, una grande invenzione, un atto perverso e legale uno sterminio per fare delle vite di ogni combattente uomini rabbiosi, colmi di odio e aggressivi verso il nemico, facendo ignorare loro il peso della gravità di quegli atti criminosi a cui nessuno combattente osava ribellarsi, ritirarsi in buon ordine, per non essere considerato traditore della Patria. Erano tutti giovani speranzosi attratti e ammaliati da una guerra che pensavano sarebbe durata magari pochi giorni, una guerra considerata quasi un'avventura, una valvola di sfogo alla loro mancata indipendenza, alla loro piena libertà, si sono ritrovati in un inferno, ed ora che la guerra è finita, ora che hanno abbandonato i campi di battaglia e di morte e sono ritornati nel mondo, non riescono più a riconoscerlo e a riconoscersi, sono giovani schiacciati, compressi che non hanno alcuna aspettativa di vita perché gli è stata sottratta ogni forma di bene, ora devono affrontare una nuova guerra forse più aspra di quella sperimentata sui campi di battaglia. Edouard e Albert andati a combattere per la loro Patria, feriti, rialzatisi e ritornati nel mondo, non sono più se stessi, si rappresentano come stranieri o anime perdute uscite dal regno dei morti, il mondo è come se non appartenesse più a loro e ciò risulta essere ancora una negazione allo loro esistenza. Quel cadavere vivente di Edouard sopravvissuto alla guerra, è costretto a rimanere rinchiuso in casa in un ambiente ristretto, limitato da quattro mura, è costretto a vivere come un recluso, deve reinventare giorno dopo giorno la propria esistenza, ormai è un escluso della società, non è altro che un reduce che è riuscito a sottrarsi ad uno scontro impari con un gigante, con un grande mostro, ed ora sconfitto deve affrontare le avversità più aspre della vita, deve soffrire le pene dell'inferno, si fa testimone di una vita finita, di una vita che non è vita in quanto essere morto sul campo di battaglia o continuare in quella pseudo esistenza, ha lo stesso significato. Ridotto a poco più di una mummia, con il suo volto sfregiato simile ad una caverna, senza identità, si avvia alla crescente decomposizione esistenziale, si è ridotto in una grande miseria umana, e vive i suoi giorni in una angusta prigione, non solo fisica perché è circondato da quelle quattro mura, ma soprattutto per il grande vuoto interiore, è un giovane nullo, tutto gli è stato sottratto: identità, bellezza, benessere economico ed ora per sopravvivere deve reinventarsi, ogni giorno deve indossare una maschera per costruirsi un io diverso, ma purtroppo tutti quei mondi alternativi risultano essere vani. Edouard per rendere la sua condizione meno gravosa si narcotizza, però quei mostri che lo hanno sconfitto, ignorano le sue risorse creative, la grande solitudine e la mancanza di risorse economiche lo inducono a compiere un gigantesco lavoro mentale, canalizza le sue doti artistiche e creative nella realizzazione di un grande progetto che risulterà la più grande truffa del secolo ai danni non solo dello Stato, ma di tutti quei capi che gli hanno precluso la vita. La sua mente si è trasformata in una macchina instancabilmente in moto per produrre menzogne, immensa è la sua volontà di vendetta tanto da non temere il rischio di quel colossale progetto molto compromettente, che rivela un nudo desiderio di rivincita, è per lui una grande sfida contro i padroni delle morti, è il suo disprezzo verso le più alte istituzione ed anche la sua grande volontà di riscattare e difendere la memoria di tutte quelle giovani vite, ma non sono solo queste le motivazioni che lo inducono a tale pianificazione, il tutto comunque nasce dal grande male che si è insidiato nel suo cuore fin dall'infanzia, in Edouard c'è solo tanta amarezza per un passato che non gli ha procurato alcun ben-essere, infatti egli stesso dice se qualcuno mi chiedesse: “Edouard, la guerra da te sperimentata e vissuta concretamente che cosa ti ha lasciato?" io risponderei che la vera guerra, quella che mi ha marchiato dalle più profonde cicatrici è stata la guerra che ho dovuto combattere fin da piccolo contro mio padre, una guerra intrisa dall'odio, dal disgusto, dall'indifferenza, dall'incomunicabilità, da un fronte, quello del padre, la non accettazione del proprio figlio perché considerato un diverso e dall'altro il grande bisogno di amore, una guerra insostenibile che ha fatto di lui un essere vendicativo che non conosce più pace.
E, cosa dire di Albert, quel giovane reduce di guerra, una figura semplice e comune che dopo aver partecipato e assistito sul campo di battaglia alle grandi stragi e aver visto con i propri occhi la morte ed averla sconfitta, si ritrova, finita la guerra, senza lavoro e senza la sua donna amata, anche Albert non riesce più a ritrovarsi, nonostante ritorni a perlustrare i luoghi frequentati prima della guerra per potersi ricollocare e sentire di farne parte, si sente uno straniero, ma grande è la sua forza di volontà per poter raccogliere ogni energia personale ed alimentare il suo fuoco sacrificale per recare sollievo al grande amico Edouard, per quel volto sfigurato che reca l'immagine di morte. Per lui diventa ancora di salvezza, di dolcezza, di comprensione e di sollievo. Albert quindi un'anima buona, in tutta la sua semplicità e naturalezza, nonostante le brutture della guerra rimane l'espressione più bella della giovinezza e della sua forza. A lui, ad Albert, ad un eroe, mi piace dedicare una poesia di Emily Dickinson: 


Se io potrò impedire a un cuore di spezzarsi

Se io potrò impedire
a un cuore di spezzarsi
non avrò vissuto invano
Se allevierò il dolore di una vita
o guarirò una pena
o aiuterò un pettirosso caduto
a rientrare nel nido
non avrò vissuto invano

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If I can stop one heart from breaking

If I can stop one Heart from breaking
I shall not live in vain
If I can ease one Life the Aching
Or cool one Pain
Or help one fainting Robin
Unto his Nest again
I shall not live in Vain
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