lunedì 24 febbraio 2020

I demoni (Fedor M. Dostoevskij) recLauAlb


Salotto in Biblioteca del 27/12/2019
«I Demoni» di Fedor M. Dostoevskij

Commento di Laura Albino

La Russia, nella seconda metà del 1800, fu caratterizzata da una forte disgregazione sociale tra l'alta borghesia ed il proletariato, tale grande crisi socio-politica-economica provocò la conseguente nascita di gruppi costituiti da giovani rivoluzionari che per il loro malcontento sfociarono in una vera e propria ribellione. Si trattava di contestatori anticonformisti, che agivano all'interno di varie organizzazioni capeggiate da leader che erano ritenuti scomodi per la società. L'autore con il titolo del suo romanzo, intende attribuire il nome «demòni», alle vite di quegli agitatori nichilisti che il più delle volte con il loro fare minaccioso, intraprendevano la via del male. Nel romanzo tante sono le storie che si intrecciano, destini di giovani che vivono la loro vita con grandi disagi, dolori e tradimenti, soffocati da una grande inquietudine interiore, ma nel contempo, quelle anime perdute recavano anche tante speranze. L'esposizione delle vicende viene fatta da un narratore che non si limita nel raccontare gli accadimenti, ma, di tanto in tanto fa delle vere «zummate« sui personaggi evidenziando ogni caratteristiche fisica, ogni movenza, tanto utili al lettore per poter cogliere di essi la vera essenza. Inoltre, il più delle volte, entrando nel ruolo anche di cronista, si concede delle considerazioni e riflessioni personali intorno agli accadimenti che fungono da raccordo nella narrazione. Il lettore così, accompagnato «step by step»  arriva alla piena comprensione dei fatti narrati, infatti, nonostante la copiosità dei personaggi e l'intreccio delle vicende, a fine lettura, tutto risulta molto chiaro.
Il romanzo tratta una lunga storia in un clima stridulo e lacerante dove il vero amore non trova riscontro in alcun personaggio, tutte le relazioni sentimentali risultano essere futili, inconcludenti, trattasi di individui ai quali mancano delle buone risorse comunicative utili a rafforzare ogni relazione sociale. Ci si viene a confrontare con famiglie dove l'assenza di entrambi i genitori crea mancanza di unione e di dialogo all'interno di essa, quegli elementi essenziali che contribuiscono a dare ordine alla vita dei propri figli e non a formare giovani dissoluti. 
Tutti i mali perpetrati da Petr e da Nikolaj non sono altro se non la derivazione del totale abbandono a se stessi per le mancate ideologie, le idee e i progetti futuri per la loro vita, e così precipitano per inezia nel vizio, in azioni aggressive incontrollabili quasi colmi di follia. Il romanzo, per le suddette tematiche e problematiche, risulta essere attuale anche nei nostri giorni e lo potrà essere anche in epoche a venire, perché evidenzia il conflitto perenne esistente tra le due generazioni, quella dei padri e quella dei figli. Nel romanzo veniamo a confrontarci con genitori smidollati, incapaci di gestire le tendenze dei propri figli: Stepan, padre di Petr, il leader della cellula rivoluzionaria nonostante sia una persona portatrice di saperi, non risulta essere modello da imitare, come pure Varvara, madre di Nikolaj, che pur occupando nella società un ruolo prestigioso, in quello genitoriale risulta essere fallimentare. Queste due figure, pilastri di un piccolo nucleo sociale, quale la famiglia, pare che vogliano rappresentare simbolicamente ed in forma allargata la grande madre Russia nel rapporto che in quel momento storico ha avuto con il suo popolo, così quei due giovani, ritenuti contestatori nichilisti, rappresentano l'intera società russa in dissoluzione. Essa, infatti, nonostante sia grande portatrice di cultura, come quella di Stepan e sia una grande potenza economica come quella di Varvara, risulta altrettanto fallimentare perché non è in grado di offrire certezze alle nuove generazioni, che in tutta la loro purezza attraverso quegli impeti di ribellione quasi colmi di follia, rivelano una grande sete di richiesta di ordine e di uguaglianza sociale. Petr e Nikolaj sono i simboli di tutti i mali, i veri bacilli sovversivi che minano la Russia, grande è l'insoddisfazione esistenziale perenne che li investe accompagnata dall'ansia di fede che si nasconde dietro il loro esasperato cinismo nella negazione di Dio. Dostoevslkj non condivide i loro comportamenti estremi in quanto essi sono il frutto di una mancata conoscenza e totale indifferenza verso il bene ed il male. Egli ritiene che tutti i mali che nei secoli si vanno accumulando, ricadano sempre più minacciosi e indemoniati sulle nuove generazioni, siamo sempre noi i figli dei figli di quei porci che si lasciano impossessare dalle malvagità senza opporre alcuna resistenza, che ci nutriamo di ogni male, perdendo di vista la strada maestra, quella che conduce al bene; solo attraverso la conoscenza del Vangelo potremmo imparare a discernere il bene dal male e a correggere gli errori di cui ognuno di noi è colpevole. L'autore quindi, in quel mondo indemoniato, coinvolge ognuno di noi, infatti le contestazioni giovanili continuano a perpetrarsi fino a quando non cambieranno non solo quelle grandi forme di disuguaglianza culturali, sociali, ideologiche e politiche, ma soprattutto fino a quando non si ritroveranno quelle forme di fede , di religiosità, di moralità sociali capaci di uscire da quel labirinto in cui ognuno di noi è rimasto intrappolato. 
Nikolaj alla presenza del suo confessore, si abbandona alla sua cruda confessione apre il suo cuore dopo essersi risvegliato dalla sua cecità morale, tutti i suoi misfatti, le sue scelleratezze, ora hanno ceduto il passo alla ragione, vengono da lui rimossi con il suo pentimento, lo spirito maligno e beffardo, quel demònio che lo aveva intrappolato nella sua rete, attraverso quell'atto di dolore nato dal profondo del cuore e da lui stesso scacciato raggiunge lo stato di indefinita beatitudine, ora è sereno e pacifico ed è pronto ad elevare il suo pensiero a qualcosa di sublime, disvelandosi è consapevole di essere odiato e ripudiato da tutti, ma nel contempo confida nel perdono da parte di un Essere Supremo. L'autore, attraverso la meravigliosa descrizione delle ultime ore di vita di Nikolaj e anche di Stepan, descrive la morte come momento di trasfigurazione, di contemplazione e momento culminante per la salvezza delle anime. Dostoevskij pone la morte al vertice della contemplazione dell'uomo, il momento che la precede ci viene incontro per offrirci delle buone speranze, delle buone opportunità: ci invita a risvegliare le nostre coscienze così da saper discernere ciò che è bene da ciò che è male, ci richiama a compiere quell'atto di fede che dovremmo coltivare durante la nostra esistenza per poter godere della presenza di quel grande fuoco, di quell'insuperabile sentimento che arde e anela verso quel Dio che è solo amore. Ogni uomo in vita con il suo credo si dovrebbe inchinare alla Sua grandezza, dovrebbe valorizzare la sua presenza costante nelle propria vita, ma ahimè forse i più rimangono indifferenti nel riconoscerLo, Lui ci riserva un'ultima strada maestra: ogni anima dissipata dalle tenebre, può chiudere e coronare il suo percorso terreno con il pentimento, con la confessione, affinché rimosso ogni peccato possa partecipare alla gloria eterna. Kirillov che si uccide per negare l'esistenza di Dio, è una immagine dell'odio come fine suscitato dai sostenitori dell'inesistente. Dostoevskij con il suo scritto invece, ci dà delle certezze, ci invita ad andare alla ricerca di quella grande “IDEA”, l'Idea dell'Assoluto, di quell'infinitamente grande, di quell'essere che ci ha creati a Sua immagine e somiglianza e ci ha resi uomini liberi, ci ha donato la grande libertà di pensiero a difesa della grande sacralità della nostra vita, l'uomo è di Dio e nessuno è padrone della propria vita.