lunedì 12 luglio 2021

Cecità (Josè Saramago) recSebAdd

 Salotto in Biblioteca del 25/06/2021 

«Cecità» di Josè Saramago

«La mia quarta di copertina» di Sebastiano Addabbo

«La letteratura è un’arte che mediante il linguaggio, rende il lettore compartecipe di una esclusiva esperienza interiore oltre che un appagamento estetico». È una recentissima definizione di arte letteraria dello scrittore Israreliano Abraham B. Yehoshua; definizione che utilizzeremo come chiave ermeneutica per descrivere l’impatto dirompente che riceve il lettore leggendo le invenzioni letterarie di Saramago contenute in «Cecità». Invenzioni individuabili da una parte nella sconvolgente trama narrativa dell’opera e dall’altra nella personalissima struttura sintattica elaborata dallo scrittore portoghese.
Cominciamo da quest’ultima: non si tratta del «flusso di coscienza» o del «monologo interiore» di Joyce, né delle estreme distorsioni grammaticali, oltre che sintattiche, dello scrittore Irlandese .
In Saramago la sintassi classica del discorso diretto o indiretto con verbi dichiarativi o meno è ordinatamente sostituita con criteri severi e logici ben presto individuati dal lettore (uso delle maiuscole iniziali in sostituzione dei “due punti” o delle “virgolette”).
E nel caso di «Cecità» dobbiamo aggiungere anche il ritmo della narrazione strutturato da un essenziale quanto scarno susseguirsi delle «voci» dei personaggi, la cui riconoscibilità è legata non da una indicazione onomastica ma dalla loro loro sostanziale identità di ruolo assegnato ad ognuno di essi dalla esaustiva e onnipresente voce narrante che commenta, giudica, analizza ogni azione e «voce» dei singoli personaggi coinvolgendo il lettore in un flusso narrativo incontenibile che non consente pause immediate di riflessioni.
In quanto ad «esclusività dell’esperienza» di cui parla Yehoshua – e si potrebbe aggiungere di “sgomenta esperienza”- l’obbiettivo è pienamente raggiunto dal nostro Autore.
Una progressiva e inarrestabile epidemia che diffonde tra la popolazione la privazione della vista: si può agevolmente immaginare come la più terribile delle sciagure che possa colpire il genere umano, con il conseguente impatto emozionale che il lettore riceve nel leggere ogni pagina del romanzo senza alcun spiraglio tranquillizzante, trasformando la stessa lettura in un’avvincente quanto angosciante esperienza.
Il lettore può rinfrancarsi soltanto concedendosi delle pause nella lettura; socchiudere il libro per qualche istante e ritrovarsi in una realtà che per una volta sembra rassicurarci, e ripetersi – No! questo non ci potrà mai accadere. Sicuramente prevarrà la solidarietà, l’aiuto del nostro prossimo, il soccorso delle Istituzioni, la compassione cristiana-.
Quindi riprendere a leggere e di nuovo accorgersi che tutte le nostre auspicate consolazioni, appena immaginate, sono completamente sconosciute alla trama del racconto, alla storia della comunità dei ciechi: nessuna pietà, lotta bestiale per la sopravvivenza, annientamento di ogni parvenza morale, sconfitta di ogni illusione.
Il ritorno insomma ad un belluino comportamento dell’uomo, con la completa dissoluzione di ogni «contratto sociale» posto a guardia della stessa Umanità.
Umanità, la cui possibilità di salvezza è riposta soltanto nella stessa onnipotente Natura che così come ha prodotto la terribile pandemia allo stesso modo potrà estinguerla.
Alla fine del nostro viaggio nella storia, richiudendo il libro, ci potremmo forse consolare pensando che è stata tutta una terribile finzione letteraria , oppure come ci ricorda Nietzsche il perpetuarsi per gli artisti «di una tensione creativa tendente sempre ad un desiderio di distruzione» .